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xviii l'istituto dei rachitici


femori e tibie, e l’operazione — quantunque alcuna volta debba essere cruenta — riesce meglio di quello che non si pensi.

Sì nell’uno come nell’altro caso conviene avere molto umano compatimento se la cura non riesce che in parte.

Le macchine che sono lavorate dagli ingegneri, se sono guaste, si possono rifare: ma la macchina-uomo sfugge in gran parte alla nostra giurisdizione. Tuttavia questo tenace sforzo titanico di rimediare a ciò che pare od è irrimediabile per natura, rappresenta la più alta conquista, la più stabile elevazione dell’uomo. In fondo è un’alta idealità che si persegue mercè un numero infinito di piccoli sforzi e di umili prove giornaliere.

Sì, bene intendo le fosche parole che un pensiero pessimista mi suggerisce: mentre da un lato così pazientemente si lavora per mettere a posto la piccola tibia deforme di un fanciullino, dall’altro lato si flacella a morte altro che femori e stinchi!

Ma è la vita che è fatta così, e delle contraddizioni umane è irreperibile in vero l’ortopedia.

Ritornando a quel che riguarda le deformazioni anatomiche dello scheletro, possiamo affermare come tutto ciò che di più moderno, di più perfetto siasi potuto trovare dall’amore e dalla scienza, è raccolto nell’Istituto milanese, sorto dalla