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divagazioni in bicicletta 197

azzurra dell’Adriatico, verso la costa dalmatica da cui venne il monaco errante che diede nome e libertà di secoli al monte.

Oh, libertà di S. Marino! solo paese del mondo a mia nozione dove un campo, grande da alimentare una famiglia, paghi di colta — là non dicono nè meno «tassa» — lire due per semestre, e una casa soldi diciotto!...

Io, anni addietro, viaggiando per queste libere balze, pensavo a questi benefici di una civiltà semplice e patriarcale, quando un doganiere italiano s’avventò contro la mula, mi strappò lo sigaro che fumavo, mi sequestrò un altro sigaro che avea in tasca, mi frugò, mi applicò la contravvenzione e fu grazie e gentilezza se non mi condusse sino dai signori carabinieri per la identificazione.

Ebbene: un partito illuminato e progressivo si agita e si propone di trasformare o almeno di riammodernare l’ordinamento di quell’antica republica, la quale per la sua costituzione ricorda da vicino gli antichi comuni medioevali italiani.

Che l’idea sia eccellente, proprio io non so. Per mio conto, quando sorge una fazione potente in una città o in uno stato; la quale vuole decisamente una ben determinata riforma ovvero istituto, consiglierei senz’altro di lasciar fare e metter in pratica ciò che più talenta.

Dopo tutto la vita è una serie di esperimenti; e gli esperimenti di civiltà in ispecie, sono come delle cambiali tratte all’ordine dei nipoti. Costoro alla loro volta le girano ai loro più lontani nipoti, e così sempre di seguito senza mai finire. La cosa finirebbe solo il giorno in cui il sole fosse seccato di tenere accesi i lumi della ribalta e dicesse: io spengo!