Pagina:Panzini - Lepida et tristia.djvu/272

194 divagazioni in bicicletta

del signor Cesare Lombroso — gran ricercatore della demenza, anche dove ella non c’è — per persuaderci che in quella ostinazione di volere in tutto e per tutto imitare Cristo, era in S. Francesco qualcosa della nobile follia che trasse Don Chisciotte a seguire gli esempi dei più celebrati cavalieri e paladini di Britannia e di Francia.

E venendo infine a quelle famose stimate che il Santo riportò in sulla Vernia, copia conforme delle ferite che Cristo ebbe in sulla croce, e per le quali poco dopo il Santo fu tratto a morte immatura, dirò che uno spirito scettico e moderno, visitando la Vernia, può recare altra opinione di quella contenuta nelle sacre leggende francescane.

Uno spirito scettico contemplando gli orridi burroni del

crudo sasso fra Tevere ed Arno

può domandare a quelle schegge taglienti come immani coltelli, se ne sanno qualcosa delle famose stimate.

E tutta questa mia divagazione a qual fine? alcuno può chiedere.

Semplicissima è la risposta: «La follia di S. Francesco, se follia fu, è di tal natura che non temette contagio per il passato evo di mezzo in cui gli ingegni erano tanto rozzi che nessun filosofo naturale sorse — come oggi sorgono — a determinare con precisione matematica i campi della pazzia e della ragione.

E se non fu epidemica per il passato, molto meno lo sarà al presente; e Donna Povertà, fatta vedova e deserta da questo terzo marito, ha un bell’aspettare che altri volontariamente la sposi con la sua gemma!»