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192 | divagazioni in bicicletta |
del sottosuolo non finiscano col far franare ciò che ancora rimane!
Ma via, meglio lasciar Ravenna — meglio e più igienico correre in bicicletta! e così feci una bella mattina dando un ultimo addio alla tomba di Teodorico il cui monolito scomparve in breve tra il verde.
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Ridente il mattino, luminosissimo il sole per la verde landa: o sole benefico, quanta gloria e quanta miseria umana tu illumini! guai se in te, divina materia, fossero i lampi di corruccio che tormentano l’anima umana!
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Rifeci la via percorsa, e lasciata la riva del mare, presi per la montagna rimontando la valle della Marecchia.
La valle della Marecchia è una delle più storiche e pittoresche che io mi conosca. L’alta regione del Montefeltro è un incanto di verde e di alpestre solitudine. Gli svizzeri la sfrutterebbero a meraviglia con alberghi, belle strade, obbligo a contemplazioni e visite storiche. I buoni romagnoli è molto se vi fanno correre una diligenza in cui io non consiglierò nessun amico a viaggiare. Di alberghi non ne parliamo.
La via si svolge da prima tra le colline, lungo le sinuosità del corso medio del Marecchia che vi forma bella e grande vallata.
Dietro di me era il convento della Villa, bianco in mezzo a gran chioma di piante fra cui un cipresso che la tradizione dice piantato da San Francesco quando peregrinò per quella regione, e indi passò in Casentino, ove dal conte Orlando, signore di Chiusi, ebbe in dono quel