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divagazioni in bicicletta 191

reca per la più parte nomi stranieri) io credo si compiacciano in questo cimitero di morti e di vivi; ma per un italiano è cosa che stringe il cuore.

Perchè le devastazioni superano il credibile: il sacco di Ravenna, seguito alla celebre battaglia nel 1512, che arse, spogliò, spopolò, ruinò per sempre la città, deve essere stato forse di minor danno che le manomissioni dei frati, dei gesuiti e degli accademici nei secoli XVII e XVIII. Per quella brava gente la mistica linea del tempio bizantino, la purezza di quell’arte costituiva un’offesa al loro senso artistico: buttavano giù quello che per antichità minacciava di cadere, facevano minacciare quello che stava ritto. — Volute, curve e biacca — biacca, volute, linee spezzate, — santi e angeli idropici — fu la parola d’ordine.

Così, ad esempio, si profanò tutto San Vitale; così le colonne del tempio Ursiano, splendida basilica a cinque navate, abbattuta nel 1733, vennero segate come fette di salame e insieme con le transenne o balaustre, traforate a giorno, miracolo di ricamo nel marmo, servirono di pavimento al nuovo tempio. Che dire poi della ignoranza della indifferenza della popolazione?

Nel 1854 facendosi degli scavi per il porto, i lavoratori trovarono un oggetto d’oro: lo trafugarono, lo spezzarono, lo fusero. Era la famosa corazza di Teodorico, completa, d’oro, lavorata a giorno, con intarsiatura di pietre preziose — un valore inestimabile: non ne rimane che un pezzettino di pochi centimetri — salvato Dio sa come, e che si conserva nel Museo. E la rabbia dei restauratori? Quante teste di poveri santi vennero asportate e vendute, Iddio lo sa!

O se invece di spendere il danaro ad ingombrare le piazze di enormi massi di marmo di Carrara, che tutti assicurano rappresentare i soliti eroi del risorgimento, avessero provveduto meglio perchè la salsedine e l’acqua