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i cinque pulcini | 175 |
Però quando fu. solo e si fu spinto più innanzi lungo la banchina, sentì come un bramito lontano.
Era il mare che si frangeva sulla scogliera.
Allora gli nacque nel cuore un’imagine lugubre: qualcuno cade nel mare. Si apre una voragine verde: il bastimento è già montato su di un’altra cresta di onde spumose. Sbucano mostri famelici, i pescicani lucidi: afferrano ciò che casca. E il suo piccino che è cascato, quello che portava come un fagotto sotto il braccio. Rabbrividì nel profondo della sua anima. «Perchè mai il Signore ha creato i pescicani, nessuno lo sa!» meditò poi fra sè.
Poi sopraggiunse un’altra imagine, più lugubre: una bara calata in mare. Ecco perchè non aveva avuto più notizie di lei.
Cuor di leone! Va bene! Egli, quando si prese un piccino sotto il braccio, sotto l’altro il sacco, e disse ai più grandicelli: — avanti! — aveva fatto proponimento a sè stesso di lottare come un leone; ma quel mare era troppo grande per avventurarvisi coi suoi pulcini! Il mare è tre volte la terra. Questa notizia scolastica gli era rimasta in fondo al cervello ed ora montava a galla.
Del resto se il Signore ha fatto il mare così grande, e i suoi piccini così fragili, è perchè deve essere così. Dopo tutto il cimitero in fondo al mare, o il cimitero dalle poche croci lassù, è lo stesso. Ma forse meglio lassù, sotto gli alberi amici! Infine pensò anche che non sanno, i piccini, che il mare è tre volte la terra ed è così terribile.
Ma quando il mare fosse stato in tempesta da sostenere con le braccia verdi di mostro la nave nera in alto e poi lasciarla cadere nell’abisso fondo, chi avrebbe consolato i suoi piccini se avessero letto la paura sul volto di lui? Cuore di leone, adunque conveniva avere!
Pei piccoli mali, una caduta, un mal d’occhi, un do-