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162 | la seconda disillusione |
— Ne sei innamorato?
Questa domanda sorprese il giovane, il quale parve meditare su quella parola.
— Sarebbe strano — osservò la mamma — perchè tu sino ad ora sei sempre stato così occupato di te stesso e della tua persona da pensar poco a rendere omaggio all'altra gentile metà del genere umano.... — e diceva altre cose che spiccavano chiaramente agli orecchi del giovane, mentre il treno rallentava la corsa e già uscito dalla galleria, fischiava ripetutamente.
Pesaro! Lucevano i lumi. Il signore si era levato per trarre giù dalle reticelle le sue valigie.
E la signora pur seguitava a parlare al figliuolo; il quale insisteva per scendere essi pure a Pesaro, e le si stringeva alla vita, e già nulla vedeva, e già pareva aver vinto la sua causa presso la mamma, quando la voce della giovinetta lo chiamò:
— Signore!
Allora egli si voltò e vide lei in piedi; ma stranamente in piedi, giacchè una mano si teneva stretta in alto alla reticella come chi ha bisogno di sorreggersi.
— Signore — disse — noi dobbiamo compiere un dovere, supplire ad un’ommissione involontaria. Come si fa? Lei aveva tanta foga che non ci fu tempo. Ecco dunque: Io mi chiamo Maria Belloresi, nata Gradora, ed il signore che mi accompagna è mio marito.
La bella donna aveva pronunciato queste ultime parole forte, con un senso di orgoglio.
Il signore si inchinò lievemente: madre e figlio profondamente e a lungo. Era l’unico mezzo per nascondere il grave turbamento che, per quanto essi avessero di mondanità, non avrebbero mai potuto dissimulare interamente.
Ma quando il giovane alzò il volto, passò da una sorpresa grande ad una sorpresa maggiore.