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xiv l'istituto dei rachitici


Romana — uno dei più fragorosi e ingombri della città — al punto dove una statua di ecclesiaste, seicentisticamente agitata, sorge nel bigio marmo sul ponte del Naviglio. Si diverge per una via solitaria che sembra chiusa al passaggio, la via che prende nome dall’antica chiesa di S. Calimero: si passa prima davanti al melanconico giardino che è di fronte alla chiesa di S. Sofìa; poi la via si restringe ancora, ben lastricata, con de’ muricciuoli ai lati che sembra una delle tristi vie disabitate di Orvieto, sopra quell’aereo colle. In fine appaiono ciuffi di verde da alte piante al di là del muricciuolo; si volta, ed ecco un lungo edificio rosso con terrazze, colonne snelle, in fra un largo spiazzale di aiuole e di prato.

È l’Istituto dei rachitici, o meglio il padiglione principale. Questo sorse per il primo, attorno ad esso furono poi costruite le villette e i padiglioni minori.

La fronte del lungo edificio prospetta verso mezzodì e verso occidente e perciò è quasi sempre confortata dal sole. Su questa fronte, all’altezza del piano superiore e in corrispondenza con le infermerie, corre una terrazza lunga ben trentaquattro metri e larga tre, sostenuta da svelte colonnine di ghisa così che al piano terreno rialzato essa riesce a formare una specie di portico.

Questa terrazza fu imaginata allo scopo di trasportarvi i letticciuoli dei piccoli infermi durante le stagioni temperate. Un’opportuna disposi-