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152 la seconda disillusione

j’avais beaucoup d’argent dans ma poche se no mi avrebbero additato come un individuo pericoloso alla salute pubblica. A Trieste, in Dalmazia il nome italiano è straziato. Vi minacciano di buttarvi in mare e voi ridete.... Io fremevo!

— Vuol forse, caro signore, capitanare una spedizione per la conquista della Venezia Giulia? — domandò sardonicamente quel gentiluomo.

— Mai più! — rispose il giovane. — Oramai quello che è fatto è fatto. Il Mazzini che il mio maestro mi faceva leggere e meditare, ha delle pagine profetiche prima della guerra del sessantasei. Quello che non si è voluto fare allora non si potrà certo mettere in esecuzione oggi. Le occasioni storiche non si ripetono così facilmente. Però un poco di dignità, un poco di memoria, almeno! Sono trent’anni che vi accapigliate sull’esercito o non esercito; sulla flotta o non flotta; sulla repubblica o sulla monarchia; sull’unità e sulla federazione. Ma decidetevi una buona volta! Mettetevi d’accordo se è possibile! E, cosa curiosa, mentre è tutto un gran disputare di metafìsica sociale e politica, mentre fate alta accademia sulle più gravi questioni, nessuno ha il coraggio di prendere un caso pratico e dire: Qui v’è del guasto! Affondiamo il coltello anatomico e curiamo il male visibile! No! Nessuno! E poi io passavo per un esaltato e gli altri per uomini pratici! Meglio smettere. Però ne ho sofferto, signore! Io cercavo una patria pei miei giovani anni. Io sono ricco, ho molte energie entro di me. Volevo spendere questi tesori in Italia. Ebbene no! Ritorno in Egitto. Là mi deciderò. Diventerò cittadino anglo-sassone. È ancora il meglio. Quegli uomini inamidati di dentro e di fuori veramente non sono il mio ideale, ma che farci? E ancora quanto mi resta di preferibile.

Il signore, a questa lunga sfuriata, sorrideva sempre di compiacenza e di tenue ironia.