Pagina:Panzini - Lepida et tristia.djvu/22

xii l'istituto dei rachitici


Questo effetto forse avviene perchè quivi tutto è lindo, semplice, familiare, quasi allegro. Certo il luogo non richiama alla mente imagini lugubri: e ciò è bene, e può anche essere parte di cura.

Anche le persone che prestano l’opera loro in questo Istituto — infermiere, maestre, medici, soprastanti — dimostrano di non essere invase da quella fretta nella parola e negli atti che nei centri di grande operosità come Milano, in qualsiasi istituto, ufficio, o scuola si vada, ognuno può notare senza essere fornito di doti eccezionali di osservazione. Fretta nobilissima, senza dubbio, ma che imprime in una mente disposta a filosofare un’idea non di lietezza, quale dovrebbe indurre la santità del lavoro: ma qualcosa di eccessivo e di necessario.

E poi perchè non dirlo? Questa gente che, mentre opera una cosa, sembra preoccupata di quella susseguente che è ancor da eseguire, dà adito al sospetto che se la prima non è fatta bene, la seconda non lo sarà meglio certamente.

Nell’Istituto dei Rachitici, invece, una certa placidezza sorride ovunque, nelle cose e nelle persone: certe sorveglianti, vestite di nero, mi ragionavano con amabile soavità monacale.

L’Istituto eleva le mura dei suoi vari padiglioni in un quartiere che non è punto elegante e niente affatto ricercato di Milano: cioè a pena