Pagina:Panzini - Lepida et tristia.djvu/214

136 considerazioni gastronomiche

quale si arrestò sulle secche: in altri termini io fui costretto al silenzio.

Cominciava un altro argomento sulla campagna bacologica e sul rialzo dei cotoni di Bombay.

Io mi chinai sul piatto, che avevo lasciato ancor pieno, ma il cameriere me le aveva frattanto abilmente sottratto. La qual cosa mi mortificò, anche maggiormente.

Dopo parlarono del signor Paolo o, meglio, Paul Bourget: tutti ne erano entusiasti all’eccesso. Anche qui furono da vero cortesi perchè domandarono la mia opinione. Ma io questa volta mi accontentai di condividere la opinione comune evitando che il cameriere mi privasse del piatto degli asparagi che in quella stagione costituivano una vera rarità culinaria.

Poi si parlò dei progetti finanziari di S. E. il Ministro X***.

Sorse un coro unanime di proteste, alle quali mi unii, attaccando le mie convinzioni politiche al medesimo attaccapanni dove avevo appeso il cappello. In casa altrui bisogna ben esser cortesi!

Infine si aprì il fuoco della discussione sull’ultima novità letteraria francese: Il Cirano de Bergerac del giovane poeta E. Rostand.

Un grande letterato che sedeva a quella mensa, grande arbitro d’arte, grande amico dei letterati più famosi al di qua e al di là delle Alpi, intrattenne l’uditorio con piacevole eloquio su codesto poeta e fu più ascoltato di me. Ne recitò dei versi in ben sonante francese. Anche i camerieri stettero sulla punta dei piedi per sentire. Dopo che ebbe recitato, tutti andarono in visibilio ed io pure, non però tanto da perdere d’occhio una pernice che era subentrata agli asparagi.

Allora un giovanetto, scolaro di secondo liceo, nepote del conte Blasius, la cui testa infantile emergeva già