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130 considerazioni gastronomiche


La signora e le due signorine mi hanno accolto con molta gentilezza; e proprio non hanno fatto alcuna apparente distinzione tra la mia marsina di corte falde, ma ben lucida per le carezze ricevute in molti anni dalla spazzola, e i soprabiti a forma di campana e risvolti di raso degli altri invitati. Hanno anzi fatto la presentazione, e tutti sono stati molto gentili con me. Così è: gli uomini invitati a banchettare si sentono attratti da un mutuo amore e sono per un momento buoni fra di loro. Perciò invitare la gente a lauti banchetti significa eziandio promuovere i generosi sentimenti della fratellanza umana. Dopo fu spalancata la porta della sala da pranzo, e siamo entrati cerimoniosamente a due a due: a me toccò al braccio una matura e contegnosa dama, di poche parole.

La signora padrona di casa mi assegnò un posto molto dignitoso.

Quando l’effetto delle lampade cessò di abbarbagliare i miei sguardi, vidi sulla tovaglia molte viole e giunchiglie e rose bianche che in quella stagione invernale costituivano il valore di molti miei desinari: tuttavia un nescio quid di profumi gastronomici mi avvertì che il pranzo non avrebbe avuto la spiritualità delle viole. Anche certi trionfali cumoli di maioliche e di cristalli sulla credenza confermavano la mia opinione.

La zuppa fu un eufemismo della peggior specie, almeno per me che sono abituato a cercare nella minestra il più abbondante conforto alle contrazioni dello stomaco: erano due crostini, perduti in fondo di una terrina, in quattro cucchiai di brodo. Ci voleva altro!

— Beato lei, caro signore, come si vede che è giovane! che cera sana da campare ancora cent’anni! deve avere una salute di acciaio, lei, è vero?