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120 antidotum impietatis

un ruggito, e più si allontanava più l’uomo pareva grande e pauroso.

— Non ci ha gli occhi, ma par che ci veda lo stesso; e se ci vede, mi ha fatto il mal’occhio! — pensò il bel signore. Non credeva nè a Dio ne ai santi ma credeva nel mal’occhio e nella stregoneria.

— Ehi, Biondotto! ehi, Morello! — chiamò ancora dopo alcun tempo in tuono di comando. I due vennero.

— L’avete impiccato, il cane?

— Si, certo, l’abbiamo — risposero.

— Bene sta! allora andate giù nel borgo e pigliatemi quel cieco dell’inferno; ci deve essere passato adesso. Lo impiccheremo anche lui ai merli del torrione.

I due corsero al borgo e poco dopo tornarono e riportarono che nessuno avea visto il cieco: dovea aver preso una via di campagna.

— Allora montate a cavallo e con voi montino gli altri e ricercatelo per ogni strada e riportatemelo.

Poco dopo la compagnia a cavallo uscì dal castello; scese a precipizio la strada e messer Anastagio li vedea di gran corsa disperdersi e scomparire per la vallata.

Vedeva anche il giorno lentamente mancare nel gran silenzio dei monti e delle valli. Già dalle parti del mare le tenebre erano discese, e verso occidente, dietro le nubi che si stendevano lunghe come cortinaggi di porpora ardente, il sole precipitava. Il sole scomparve dietro i monti: le nubi illanguidivano con gran tristezza e pareva a messer Anastagio che su per i poggi s’ergesse un’ombra gigante che avea la figura del pellegrino. Erano le nubi del tramonto che pigliavano quelle forme umane. E venne la notte.