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82 sotto la madonnina del duomo


Anca ti te diventet todesch? — avea chiesto al giovane, il quale di rimando:

Was wollen Sie?

Copet! — avea sclamato Ambrogino, e se ne era andato.

Del resto, per lui, tutti i partiti andavano bene, non per niente era stato nell’Italia del sud per tanti anni dove partiti veri non ve ne sono fuor che questo: mangia ti che mangi anca mi! e avrebbe anche lui condiviso le opinioni di un suo compagno di tarocchi che al mattino a messa è cattolico, quando deve trattare i suoi affari, è monarchico, e la sera, quando ha la pancia piena, rivolge un pensierino altruistico a chi muore di fame e diventa socialista; e se arriva al sesto quintino e perde al giuoco, minaccia di diventar anarchico. Anche per Ambrogino, dico, ogni partito andava bene, ma quella cosa lì dei tedeschi non la poteva mandar giù e poi non la capiva. Per che cosa dunque aveva fatto le cinque giornate? Veramente lui non avea combattuto, ma essendo che in quell’anno era nel grembo di sua mamma, e sua mamma avea anche lei buttato giù la mobilia dalle finestre e avea sentito il fischio delle palle dei croati di Radetzky, così si poteva, a tutto rigor di termini, affermare che anche lui l’aveva fatto il quarant’otto.

— I tedeschi li abbiamo cacciati dalla porta e sono tornati dalla finestra.

— Puoi dire invece, — corresse quel suo compagno di tarocchi, — che li abbiamo buttati giù dalla finestra ed entrano trionfalmente per la porta, e le nostre ricchezze naturali e i nostri commerci sono in gran parte in mani loro.

Ma uno della compagnia (che questi ragionari si tenevano alla sera in un’osteriuzza, fra molti quinti di così detto barbèra) diè sulla voce a tutt’e due chiamandoli vecchi; non più all’altezza dei tempi.