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sotto la madonnina del duomo 73


Era come un mondo nuovo e Don Ambrogino non soltanto nelle vie, ma in tante altre cose, faticava a rendersi familiare con la sua vecchia patria ringiovanita; ed esclamava: — Che gente! che ingegno che c’è adesso! La sola cosa che mi fa paura è pensare dove si andrà a finire con tanto ingegno! —

E al mattino, prima di avviarsi per le sue ispezioni, stava come incantato a vedere tutti que’ tram, quelle carrozze, quelli automobili, quelle genti che s’incrociavano con gran fragore come pezzi di un meccanismo enorme che si metteva in moto ogni mattina. In fondo anche lui era una particella di quel mostruoso organismo, senonchè, come libero cittadino, mentre tutti fuggivano da un lato e pareano spinti da una folata di bufera, lui poteva andare dall’altro, e magari a casa sua a fare una fumatina e coltivare i fiori del suo giardinetto pensile!

— Oh, alla finestra dell’appartamento di fronte hanno messo le tendine, i piccioncini non si voglion far vedere. Fate bene, ma potevate risparmiarli quei quattro soldi e comperare tanto pane, e poi se voglio, vedo lo stesso. — Difatti egli essendo, come diceva, «più alto locato», poteva di lassù notare tutto quello che avveniva in quella casa. — Deve essere una buona sposina; non pare nemmeno dell’Italia bassa! — e la vedeva far quella stanza da letto e quella cucina (l’appartamento non era più grande) girare, montar su le sedie, chinarsi giù; pulire, scopare, lucidare. Indi messo tutto in assetto, ella si ripuliva, si pettinava; poi si metteva al fornello o al tavolino da lavoro, svelta svelta, linda linda, sola sola, finchè arrivava lui, e allora Don Ambrogino si ritirava per lasciare alle tortorelle la libertà di baciarsi: — Fate pure!

Anche lui, il marito, doveva essere un bravo gio-