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52 | dalla padella nella brace |
dice «Domattina, Menico (precise parole) mi farai trovare giù la tua cavalla sellata e stassera gli vai a dar la biada».
— La mia cavalla non te la do — dice lui.
— Tu me la darai — dice lo Sbircio.
Allora il mio Menico lo prende per il petto, l’altro fa per tirar fuori il coltello. Allora mi butto addosso io e lo teniamo lì fermo. Mio figlio lo voleva scannare, e lo Sbircio ruggiva: «Tu vuoi la taglia, vigliacco d’una spia!» È stata la mia donna a salvarlo, che ha detto: «Lasciatelo andare, volete rubare il mestiere alla polizia? non vi vergognate?» E lo abbiamo lasciato andare e abbiamo fatto male, perchè lo Sbircio da allora la giurò al mio figliuolo. Questa notte, quando noi siamo andati a letto, lui è scappato col cane e col fucile ed è andato lassù sul bastione a dar la caccia a quella bestia selvatica. Lui sì, vedano, ha il fegato sano, altro che quei poltroni di carabinieri....
E così ragionando, non senza qualche trepidazione eravamo, fra molti altri del luogo che ragionavano animatamente di quella cattura, giunti presso la compagnia dei banditi e delle guardie.
Riconobbi Menico col suo fucile e un bellissimo bracco che gli saltava accanto. Davanti procedevano i due carabinieri che avevano recato il soccorso di Pisa e tenevano la catena dei tre ammanettati. Dietro seguivano il delegato e le guardie.
— È ferito qualcuno? — domandai a Menico che, scortici a pena, ci era venuto festosamente incontro.
— 11 delegato si è buscata una palla: fortuna che l’ha sfiorato a pena, ma il tiro era buono, vero, Sbircio?
E si volgeva ad uno degli ammanettati che non rispose: ma rivolse due occhi che fecero voltare in dietro la testa alla mia compagna.
— Datti pace, Sbircio, per questa volta hai l’alloggio sicuro fin che campi.