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vuoto angoscioso, nello stordimento desolato che succede al ridestarsi in una crudele realtà.

Chi fosse Pietro Panzeri, quale l’opera sua lo vedranno i lettori nelle pagine che aprono questa strenna, nella quale egli è ritratto con intelletto d’amore. Ma, per quanto squisita l’arte dello scrittore, v’ha tutta una parte dell’uomo che non può esser narrata e descritta. Solo coloro che gli si avvicinavano nella vita quotidiana, che gli erano compagni di studio e di lavoro, che lo seguivano nell’esercizio della sua opera di carità, sanno come fosse pronta e sicura la genialità della sua mente. Ah, che gentilezza e che bontà di cuore, che chiarezza di propositi e che forza di volontà, ogniqualvolta si trattava di raggiungere gli alti ideali di carità e di scienza ch’egli poneva come meta de’ suoi sforzi!

Ahi, tutto è perduto ed è vano il rimpianto! Noi ben sappiamo che uno sterile ed inutile lamento non sarebbe un degno omaggio alla sua memoria. Noi sappiamo che la nostra gratitudine per lui ci impone di rimetterci al lavoro con lena rinnovata, onde impedire chi si affievolisca e si perda, anche solo in parte, la preziosa eredità di esempi, di tradizioni, di opere buone ch’egli ci ha lasciato.

Ed è così che noi, privi della sua esperienza e dei suoi incoraggiamenti, ma pur sicuri di far atto di riverenza alla sua memoria, veniamo, anche quest’anno, a bussare alla porta dei nostri benefattori, ed a chieder loro, con la presentazione della strenna abituale, l’obolo santo della carità.