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dalla padella nella brace | 39 |
— che se mamma ti dà con la scopa, io prendo lo scudiscio che è di nerbo di bue.
— Come sei cattivo anche tu! Dammi almeno la bottiglia.
— La bottiglia non te la diamo.
— E perchè mo’? Credi che non abbia soldi?
— Ti dico di no.
— Allora mezzo litro....
— Mezzo litro sì: ora te lo vo a spillare.
— E non ci aggiungere acqua, eh!
I due militi non facevano niente affatto onore alla benemerita arma. L’uno mingherlino, imberbe, con una faccia pallida, e due occhi spaventati, in nostra presenza non disse una parola: si sedette in disparte su di una cassa panca e rimase lì tutta la sera: pareva istupidito.
L’altro che parlava toscano, sotto cui però si indovinava il natio dialetto veneto, era un omaccio di mezza età, più adiposo che gagliardo, con un volto congestionato e affocato.
Lerci poi ambedue; la metà inferiore della divisa era coperta di polvere: la metà superiore di padelle, strappi e frittelle.
Lessi negli occhi della mia compagna l’impressione disgustosa prodotta dalla vista e dal contegno dei due militi: tuttavia in omaggio al vestito mi credetti in obbligo di essere con loro cortese e li invitai alla mensa dove sedevamo noi.
Non ci fu però bisogno d’invito; quello mingherlino non si mosse e ringraziò a pena: l’altro si sedette in modo che si sarebbe seduto anche senza invito. Offersi da bere e quegli tracannò il bicchiere colmo d’un fiato.
— Non gliene dia, non gliene dia — mi disse dietro le spalle il giovane che veniva su dalla cantina — ha qui il suo mezzo litro che gli è di troppo.
— Come sei cattivo, Menico, con me! Tu non mi vuoi più bene — mugolò il carabiniere.