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30 dalla padella nella brace


Nella valle deserta incontrammo alcune mandrie e tre pastorelle così vezzosamente atteggiate che richiamavano in mente una ben nota ballata del Sacchetti: co’ corpetti rossi, le grandi pamele sul capo alla moda di Toscana: guardavano de’ porci e l’una leggeva un libro alle altre che non mi vollero lasciar vedere per quanto io pregassi. E poi che selvagge! che screanzate quelle ragazze! Chiedemmo la via più breve per salire la Vernia perchè di giorno ne rimaneva ancor poco e ci risposero: «Fate il vostro pensiero!». Io non suppongo che la nostra spedizione nel complesso e noi in particolare avessimo avuto qualche aspetto di ridicolo: ma il vero è che non a pena ci fummo allontanati, si posero a ridere e con quel gusto che distingue il riso della donna quanto più futile ne è la cagione; e le loro risa e i loro motteggi — che suonavano sonori nel silenzio della aperta valle — ci accompagnarono per buon tratto. Del resto, o donne, o generatrici dell’uomo, bene provvide la Gran Madre affinchè voi giraste facilmente sul perno del riso ad ogni lieve soffiar di ridicolo! Non io dunque della natura mi dolgo, ma dei poeti e in quel giorno di Messer Franco Sacchetti che dettò quella sua ideale e leggiadrissima ballatella delle Pastorelle Montanine. In verità i poeti in fatto di donne scrissero troppo spesso con gli occhiali forniti loro dalle Muse cointeressate, e in sì fatto modo contribuirono ad imbrogliare la questione della donna, che di per sè non è semplice.

Si giunse, come già dissi, al convento che calava la sera, non però così tardi che non fosse rimasto nella dispensa della foresteria un buon pezzo d’agnello allo spiedo che i buoni padri ci offersero con quella ospitalità semplice che non obbliga e che vale più di ogni studiata cortesia.