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Ecco come fu: in fondo al corso v’era un negozio di mode con un gran cristallo a specchio su lo sporto, che ci si vedeva da capo a’ piedi.
Ci ero passato davanti chi sa quante volte senza badarci; ma quel giorno l’occhio si fissò sull’immagine riflessa in quel vetro e vi si arrestò. Il vetro pareva sdegnoso di rifletterci; dico così perchè eravamo in due: io e la cagna. Lei era, come il solito, col muso appuntato ai miei polpacci; piccola, alta a pena due spanne, la testa bassa, la coda penzoloni fra quelle gambe di dietro, aduste e macilenti che salivano tanto alte da tagliare come in due la schiena; e ci si contavano le costole.
Ma il peggio fu quando m’avvidi che quel non so che di vecchio, di misero, di spregevole si rifletteva anche su me: anche la mia schiena mi pareva curva, anch’io era macilento, l’occhio spaurito e melanconico, la barba incolta e come senza colore.
Ma dove era fuggita la mia giovinezza?
La giovinezza è una ben strana e misteriosa compagna! Ci pare che essa debba sempre vivere con noi come una sposa fedele; e invece a un certo punto della vita ella, la giovinezza,