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lucide, strascinarle per la stanza, mettere in disordine ogni cosa; anche su lo scrittoio balzare, e con la coda rovesciarmi inchiostro, scompaginar carte e matite: insomma una disperazione. E pur non cessava di guaire dalla contentezza; ma quel suono acuto e continuo mi penetrava dentro come fosse stato un lamento o un compianto.
Addio ordine geometrico delle matite, addio carte disposte in piramide, libri allineati in file decrescenti! La mia stanza sarebbe divenuta un pandemonio, e questo pensiero mi disgustava più di quello che non si sarebbe potuto pensare. Come ho già detto, il pulire e l’ordinare tutte le mie cosucce era per me divenuta un’abitudine; e le abitudini anche più grette sono, come ognuno sa, causa di piacere o almeno di soddisfazione, perchè servono a riempire la vita e la ricompensano del vuoto e del deserto che in essa il tempo o le sventure vanno formando.
Un bel calcio e buttarla giù per le scale sarebbe stato il rimedio più certo; ma non me ne sentiva il coraggio e mi pareva viltà. Si mostrava così felice, povera bestiola di trovarsi con me! Anzi mi faceva compassione, e questo senso