quello che fosse una scuola, perchè i primi studi li aveva compiti in casa mia, sotto la guida di valenti maestri che mio padre faceva venire dalla vicina città. Mi ricordo però che gli studi letterari mi piacevano, così che l’idea di rinnovare la conoscenza con Cicerone e con le grammatiche non mi riuscì punto spiacevole; anzi mi parve come di dover rivivere quando era ragazzino e facevo i miei compiti in pulito su la bella tavola da pranzo, con dei bei libri legati in pelle; e mia madre ricamava presso di me. La sera, dopo pranzo, il babbo mi raccontava la storia di Roma un po’ a suo modo. Insomma erano dolci ricordi che rifiorivano!... Mi sovvenivo anche di uomini di grido e famosi, nell’antichità come nei tempi moderni, che tennero fronte all’avversità facendo il maestro di scuola. Questo pensiero mi nobilitava ai miei occhi: e poi l’idea di sacrificarmi per mia madre, di compiere un alto dovere, produceva in me non so quale esaltazione eroica. Infine, come avviene a tutte le nature deboli e che non hanno il coraggio di guardare in faccia l’avvenire, io riempivo il non sperimentato e l’ignoto con felici vicende, e nella facilità con cui aveva ottenuto quel posto,