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di volontà e di accortezza contro usurai, creditori ipotecari, possessori di cambiali, imbroglioni d’ogni maniera, fatto è che non ci pensai nè meno. Era un grumo di vermi enormi che si divoravano ogni mio avere, ed io sentivo schifo di mettervi le mani dentro.

Scelsi una via di mezzo, cioè scrissi ad un mio amico che stava a Roma, esponendogli ogni cosa e pregandolo a trovarmi un ufficio che mi desse da vivere. Era costui un giovane pieno di rettitudine e di bontà, che aveva il merito di essersi fatto tutto da sè, perchè era figlio di povera gente, e ci eravamo conosciuti all’Università. Egli più alto, più forte di me, mi si era affezionato molto e di cuore; una di quelle affezioni un po’ morbose che nascono su la prima giovanezza; e fu certo per la memoria di questa intimità che mi rivolsi a lui prima che ad altri, benchè da qualche tempo ci fossimo perduti di vista.

Sapeva però di lui come dopo molto oscillare fra varie idealità di fortuna e di onori, era andato a cadere in un ufficio del Ministero della Pubblica Istruzione; un impiego buono, a quanto mi dissero, dove c’era da coprirsi contro le raf-