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biavo i saluti, raccontavo distrattamente, ma lei non se n’avvedeva: io guardava, io non potevo distogliere lo sguardo da quella sua mano che cadeva sul mio petto, scarna, diafana, inerte mano come di morta; scarna così che l’anello nuziale si appoggiava obliquamente su l’osso del dito. Per quanto tempo ancora ci sarai conservata tu o mano materna, a ravviarci i capelli e tergerci le lagrime? E dopo? Io la presi quella mano e la sollevai piano sino alle mie labbra come la mano dell’amante e la baciai; ed ella sorrideva lagrimosamente.

— Via, via — disse poi — accostati alla finestra. Voglio vederti bene come sei — e si levò in fretta e mi trasse presso la grande vetriata. — Oh, così! — disse scostandosi e vagheggiandomi. — Come sei bello, e che aria fiera hai con quei due baffetti rivolti in su! E tu devi essere forte, forte come tuo padre...! — e questa parola non ebbe altre che la seguissero, ma risonò come nel vuoto della stanza.

Allora il riso e la eccitata gaiezza del volto di lei scomparvero dopo aver pronunciato quel nome, gli angoli della bocca le si piegarono in giù e scoppiò in un pianto stridente che la fa-