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biancava la neve proprio come faceva allora. Giorni soavi.

La memoria di quella giovinezza di cose e di vita mi vinse. Telegrafai che sarei venuto anche contro la voglia di lei e dissi il giorno e l’ora.

Partii. Ero tutto lieto di passare le feste a casa e fantasticava giovanilmente in quel tepore che vince durante il viaggio, specie sedendo come io sedeva su di un soffice divano di prima classe, ravvolto in una superba pelliccia.

Si giunse. Dal finestrino del vagone, mentre il treno rallentava, aveva visto una carrozza chiusa, ferma sul piazzale deserto che è dietro la piccola stazione dove si scende per andare su al villaggio. Non ce n’erano altre. Ma la carrozza e il cavallo non erano i nostri, però riconobbi Beppo che stava a cassetta. Tutto questo mi meravigliò con un senso pauroso di presentimento del vero.

Il brav’uomo se ne stava più curvo e più vecchio del solito sotto la neve, e pareva così assorto che non si avvide nè meno dell’arrivo del treno. Egli era tutto chiuso in una vecchia livrea verde di famiglia coi paramani d’oro stinti,