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benedetta lasciò i patimenti di questa vita, fra quei villani si formò la leggenda, e dicevano che tutte le notti di mezzo agosto ci si vedeva per il parco l’ombra della contessa matta, vestita di nero con i capelli tutti bianchi giù per le spalle: e fu anche a cagione di queste dicerie che il palazzo ed il parco non trovarono più un padrone stabile, e finirono per cadere nella rovina e nell’abbandono. Queste cose mi furono riferite, perchè io al mio paese dopo la morte di lei, non sono più tornato e la casa dove nacqui e che fu mia non l’ho più riveduta; certo è che anche dentro di me trapassò un’eredità di quella morte di persone e di cose.

Io, quando morì mio padre, aveva sedici anni: vennero dei miei parenti che mi condussero in una città con loro per seguitare gli studi; e, per mio conto, di quella benedetta non posso dir nulla all’infuori di questo, che non mi voleva più lassù al palazzo con lei. In quella casa che risonava a vuoto, v’era troppa morte e troppo dolore; ed ella, suppongo, paventava che il terribile male della sventura mi si attaccasse. Pietosa ed inutile previdenza, perchè il male lo aveva con me, entro di me.