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Mia madre lasciava fare e dire. Si accontentava della sua parte di padrona di casa, che adempiva con la maggiore cortesia possibile. Solo a fin di tavola, quando le bottiglie preziose si vuotavano con rapidità spaventosa e le voci minacciavano di farsi roche e le proposizioni audaci, ella si appartava con qualche pretesto.

Che cosa passasse fra il babbo e la mamma io non lo seppi mai. Era debolezza di carattere, era acquiescenza e venerazione ai desideri di lui, era timore di infliggergli un colpo mortale convincendolo del suo errore e della sua ingenua buona fede? Io, ripeto, non lo so: forse era un po’ di tutto questo.

La baraonda politica cessò per esaurimento un po’ per volta, cioè quando gli amici democratici si accorsero che il meglio era mietuto e che poco restava da cogliere ancora.

Allora la vita si ristrinse fra noi tre molto amichevolmente. Io era allora un giovanetto sui quattordici anni e stavo tutt’orecchi ai discorsi del babbo, specie dopo pranzo.

V’era una gran stanza da pranzo con vecchi mobili di quercia che salivano sino al soffitto. Le tre finestre, che prendevano tutta una pa-