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dono che non era però privo di piacere quasi infantile.
Avveniva di me come dei palloni che mandavano in aria al tempo delle sagre nel mio paese. A vederli quando li gonfiavano col fumo, erano grandi come case e pareva che dovessero cadere da ogni parte. Poi, come fu come non fu, prendevano il volo e dopo un poco erano a pena un punto su in alto. Io faceva lo stesso: una, due e tre; lasciavo la terra ed era bell’e spedito per il paese delle più inverosimili fantasticherie.
Ma come si stava bene lassù! come tutto si faceva più leggero e più facile! Le cose e gli uomini che prima mi pesavano da ogni parte e mi stringevano più che Don Rodrigo dalla calca dei cenciosi, adesso non li sentivo più. Ero libero perchè era lontano dalle cose vere: ma dove? Fuor di dubbio nel paese dei sogni.
Certo io capiva che quelle erano spedizioni pericolose ed illecite, e che per chi vola sull’Ippogrifo fuori della realtà, può avvenire una volta o l’altra di trovar chiusa la via del ritorno. Ma chi se ne sarebbe accorto? Nessuno. Forse nello stupore degli occhi si sarebbe potuto leggere