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me all’osteria e non abbandonarla lì sola; ma era troppo sfigurata e deforme, e tutti mi avrebbero chiesto come l’avessi ritrovata dopo tanto tempo e chi l’avesse conciata a quel modo.
Ora io sentivo che ne avrei sofferto a raccontare quell’avventura di Patirai; anzi avrei voluto anch’io non pensarci, ma mi sentivo un avvilimento profondo, e insieme un’idea fissa sorgeva da quella insensibilità torpida di prima e si andava schiarendo a poco a poco.
Con la mano dentro lo sparato della camicia, mi tormentavo il petto; ma non riuscivo di trovare uno sfogo al dolore di quell’idea.
Andai all’osteria. Per fortuna quando misi il piede nella saletta tutti avevano finito di desinare e ragionavano calorosamente con gran voci e gran gesti dell’ultima seduta parlamentare. Mi sedetti quasi inavvertito al solito posto.
— La minestra è stracotta — disse l’oste, mettendomi davanti la zuppiera e levando il piatto che ne conservava il calore. — Colpa vostra; siete venuto tardi. Chi tardi arriva male alloggia.
Io non risposi; mi provai a mangiare, ma per la gola non ci andava giù il cibo; allora