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ricoverai in braccio. Essa gemeva e mi lambiva: seguitò poi a lambirmi per tutta la strada.

Il pelo era mezzo bruciacchiato che mandava un fetore insopportabile; pure non la deposi e feci tutta la strada così. Su la spalla un lembo di pelle cadeva e mostrava la carne viva, tanto che la zampina ne era offesa e la teneva sul mio braccio come morta; e ogni tanto guaiva.

Quando mi si parò davanti la luce dei fanali della barriera (si era fatta notte), la deposi, e lei mi seguì sino a casa saltellando a sbalzi, con la zampina rattrappita.

Comperai dallo speziale un po’ di pomata; e quando fui di sopra nella stanza, la curai alla meglio e le fasciai con due fazzoletti la ferita. Essa lasciava fare senza più lamentarsi; soltanto mi seguiva con gli occhi.

— Adesso ti andrò a prendere del latte e te ne farò un po’ di zuppa — dissi come se avesse dovuto intendere — e tu starai buona, è vero? e farai la cuccia dove vuoi tu, sul letto, che ti piaceva tanto, su questo bel cuscino.

Uscii, comperai il latte, le feci la zuppa, ma non la mangiò. Allora la accarezzai pianamente. Pensai per un momento di condurla con