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e disgustata del direttore: il quale non entrò, non disse nulla, ma fece un cenno al bidello. Questi allora entrò e senza far parola, prese a forza la bestia e la portò via e poi chiuse la porta.

Allora le risa si calmarono a poco a poco e il rossore lentamente sparve dalle mie guance; anzi diventai pallido, ma il cuore mi batteva.

Poco dopo rientrò il bidello in punta di piedi; mi si accostò riguardosamente, e con grande serietà mi disse all’orecchio: — Che cosa ne devo fare di quella bestia? gliela devo portare a casa?

— No — dissi forte, e avea bisogno di vincere il ridicolo che mi sentivo ronzare attorno — no a casa...: portatela via, liberamente!

— Allora lasci fare a me — disse colui con un tono di voce come si fosse aspettato questa risposta —, e vedrà — aggiunse con triste sorriso — che non avrà più noie da quella bestiaccia, glielo garantisco io.

Per fortuna la scuola intanto era finita. Mi rifugiai a casa e mi distesi sopra il letto. Avrei dato qualche cosa per addormentarmi; ma non ci riuscii: un torpore stupido mi abbatteva e non si voleva mutare in sonno.