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Aquilino allungò la mano per toccare la tappezzeria di una parete.
— È proprio seta! — esclamò con stupore. Si ricordò allora di quello che aveva letto
nei libri positivi delle profezie, che per creare il mondo nuovo bisognava distruggere tutto il mondo vecchio. Che peccato/ però!
Tutte quelle figure, dai ritratti, pareva che lo guardassero più torvamente ancora.
— Ma non ti incantare, bimbo — ripetè il conte — a guardare quei pupi. A guardarli troppo, se ne hanno a male e qualche volta piangono. Sì, sì, da vero, piangono.
Aquilino si mosse. Il conte lo condusse per una fila di stanze, piene di libri antichi, di libri morti, di libri addormentati.
— Quanta ricchezza! — esclamò Aquilino.
— Non ti scandalizzare. Libri, pupi, durlindane, tutta roba destinata a finire dal rigattiere, bimbo. È il destino delle cose.
Arrivarono così ad una cameretta che dava sul giardino: quivi era un letto semplice; ed era quella la camera dove il conte era ospitato dai signori di quella casa.
— Ed ora da’ mo’ retta. Vieni qui, sta zitto, non parlare, ubbidisci, làsciati fare.
Ed il conte fece accostare Aquilino ad una