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chiare? È questo stupido uomo! Tu sei ben più saggia di me!»
Così pensava Aquilino nel tempo triste che tutta un’umanità fluiva, scompariva entro la guerra. Le generazioni fluivano verso la guerra. I figli non avrebbero più riveduto i padri. I gladiatori germanici erano discesi nell’anfiteatro per combattere sino alla morte. Ai popoli d’Europa era necessario combattere.
Ora avvenne che un giorno, in sul finire del giugno, Aquilino si sentì fermare da queste parole:
— Non si salutano più gli amici?
Guardò con occhi aperti: stupì: era un ufficiale, con una tunica nuova fiammante e due gambali lucidi come due tubi nuovi da stufa.
Ma chi lo avrebbe riconosciuto? Era quel poeta Emme, che non credeva a molto cose, ma forse credeva nell’immortalità.
— Come? lei ufficiale?
— Dammi del tu.
— Be’ , e come sei ufficiale?
— Lo sono e basta! T’avverto che sto ancora imparando il saluto regolamentare: Si mette la mano.... Aspetta: ho qui in tasca