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sul suo viso, come un lontano strano ricordo materno. La persona di lei, presso la sua persona, era percorsa da brividi.
Il silenzio della notte era grande, e la lampada elettrica che pendeva dal soffitto, illuminava la coperta di un letto che forse era stato testimone di amori impuri.
Eppure tutto era puro!
— Quell’uomo! — esclamò d’un tratto Aquilino, sentendo i passi dell’albergatore che si avvicinavano. — Mi pare, miss Edith, che noi siamo abbracciati.
Ma miss Edith non si mosse da così abbracciata come era. Ed Aquilino guardandola negli occhi, li vide natanti come nella serenità di un sogno plenilunare.
Quell’uomo posò il vassoio; se ne andò.
La notte era di primavera; ed egli fu sorpreso come da un lungo gioco infantile di parole, formato di una sola parola.
Ella diceva: «Io t’amo!» E lui correggeva: «Io t’amo». Ed ella ripeteva: «Io t’amo».
Poi lo sorprese questa espressione di lei: Que je suis bienheureuse!
E fu l’ultima. Sì, tutto era puro.