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floridi: coi nervi in perfetto òrdine, con lo stòmaco capace di inghiottire, in perfetto orario, pinte di birra, e molti Würsten con Sauerkraut, e Delicatessen, cinque volte al giorno: l’ideale dei nostri buoni proletari! Ogni cèllula uomo è Stato, lo Stato è Dio: tutto con lettera maiuscola, senatore. Dunque io sono Dio. Ma non capisce, senatore, che io sono io, io, io? Ah, c’è nu guajo, senatore. Che ne faremo del nostro pallido pensiero? È una tabe il pensiero; è una maledizione l’idea. Che ne faremo di Amleto, di Dante, di San Francesco, di Leopardi? Li affideremo a voi, eruditi signori; e voi li terrete bene in prigione affinchè non scàppino a spaventare la umanità. I nostri occhi si faranno piccini: ma il ventre sarà ben pingue. Noi non sorrideremo più dubitosamente; rideremo a scosse, facendo ballare i grossi ventri: Ah, ah, ah! E invece di dire sì, diremo: Ja, ja, ja! Si prepari, senatore, a scrivere qualche suo ghiotto contributo — si dice così, vero? — nella lingua del ja.
— Ma non diciamo sciocchezze, — ripeteva il senatore, — ma non facciamo dello spirito. Ma non mi faccia il poeta.
Donna Bàrbera tornò, dicendo che miss Edith non stava bene, ma trovò il salotto in tumulto.