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La sua voce, blesa e pacata, cadeva nel silenzio attorno a lui.
— Sostanzialmente — disse — è il conflitto di due Mènadi furibonde sotto due màschere avverse. Esse si vibrano colpi mortali: l’una è la Mènade mediterranea, Inghilterra e Francia, che mirano alla disgregazione della società umana in una moltitudine di patrie, e di sotto—patrie, aventi uguali diritti; l’altra è la Mènade continentale germànica, che nega tutte le patrie, per dilatare se stessa, sovrana sopra tutte le antiche patrie.
— Allora è la fine del mondo! — sclamò donna Barberina.
— Fine e principio, cara marchesa — corresse pacatamente il senatore —; o piuttosto è la consolidazione di uno stato preesistente. La Germania compie la sua rivoluzione: nel dominio dei fatti, come la compì nel dominio delle idee. Ai miti della religione, alle utopie delle democrazie, alla falsa carità cristiana, intende sostituire nel mondo la scienza, la tecnica, l’ordine.
— Ma i diritti degli altri?
— Ma la rivoluzione è rivoluzione in quantosi stracciano i diritti degli altri.
— Ma la proprietà degli altri popoli?