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— Signorsì.
Aquilino si appressò a quel letto, e ad un dei lati di esso vide una cosa delicata, bianca, velata.
— La cuna dei figliuoli?
— Signorsì.
Aquilino si allontanò piano piano come se ci fosse stato qualcuno.
Procedettero oltre. E quando furono nel loggiato, Aquilino disse tanto per dire: — È molto bello, dentro, questo palazzo!
— Lei non ha visto — disse il vecchio castaldo — la sala da ballo. Venga. È alta quanto il primo ed il secondo piano.
Cercò le chiavi; sospinse una gran porta. Entrarono in una gran sala.
Le pareti erano affrescate a figure grandi, ma stinte e sbiadite: sedili di marmo negli strombi dei grossi muri, presso i finestroni. Gli occhi del giovane furono attratti da un balenar d’oro e d’azzurro sul soffitto.
Era un soffitto regio, a lacunare. Attorno, attorno, in bei riquadri, c’eran dipinti cavalli e gonfaloni svolazzanti; guerrieri, aste, e quelle armi pietose, che usavano un tempo. Nel
La Madonna di Marnò. l’<