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che da un dì all’altro debba rimbombare la voce del miracolo, perchè attendo il miracolo, attendo il portento: che quei popoli una mattina si dèstino dal sonno sanguinoso, aprano le pupille, tendano le braccia in questo unico grido: Oh Cristo, Cristo, Cristo!
Oh, vano sogno! Coloro non sembrano nemmeno più figli di questa pur crudele Natura! La parola d’amore e di pietà è morta. I costruttori della torre di Babele costruiscono con ossa umane. E dobbiamo noi essere alleati con essi? o non piuttosto saremmo marrani e sicarî? Beati quelli che ora scompaiono dalla scena della vita!
E la grossa testa sconvolta del marchese don Ippolito di Torrechiara cadde in giù.
— L’amico vostro e mio — disse poi, sollevando il volto — il conte Cosimo, sta per morire, e questa lettera me ne dà l’annuncio. Io lo reputo beatissimo. Era la cosa che vi volevo dir prima. Ma voi col vostro sorriso mi avete distratto. Perchè voi avete sorriso, nevvero?
Donna Bàrbera quando seppe la triste nuova del povero conte Cosimo, volle telegrafare sùbito. La risposta venne e gravissima. Aqui -