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A questo punto Aquilino corrugò le ciglia. Dove andava a dar di cozzo la nave del marchese? Per fortuna, prese ancora il largo e proseguì: — E se i nostri rètori meglio avessero lette quelle ottave fiorite in gioia di primavera, noi vanteremmo un’opera, per cui la gloriosa favola di Don Chisciotte apparirebbe come seconda. Ahi, la infernal tempesta della spietata guerra interruppe quel canto, ed il nobile conte, in quel tardo autunno del 1494, ne morì di crepacuore; e non per l’inganno di Angelica, chè in fondo può reputarsi natural sacrifizio dell’uomo essere seviziato da bella donna; ma per le sventure d’Italia.
«Oh, adesso mi pare che filiamo bene», pensò Aquilino, libero oramai da ogni sospetto, chè, quanto all’Italia, egli non sentiva i timori del marchese. «L’Italia è tanto grande ed antica che nessuna balena la avrebbe ingoiata».
E il marchese proseguì:
— Che debbo dirvi di quello che oggi avviene, maestro? Io sono stato sin qui un razionabile ammiratore del popolo germanico e riconosco che dal tempo di Fichte in poi, i Ger-