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Aveva temuto di provare rimorso davanti al marito.... Ma no! Non ne provava, e ne era sorpreso. Dalla coscienza non gli giungeva più alcuna comunicazione in proposito. Doveva simulare bensì e dissimulare alla presenza di don Ippolito: ma donna Barberina gliene offriva l’esempio con tanta grazia, con tanta naturalezza; e lui sarebbe stato da meno? Anzi quell’esercizio dell’ingannare gli si presentava, a tratti, come una cosa singolare e non elencata fra le virtù dell’uomo.
Ma con tutto questo non potè reprimere una certa perturbazione il giorno che il marchese don Ippolito, coi baffi arruffati più che mai, gli occhi quasi truci (come diceva donna Barberina), e una lettera in mano, gli disse:
— Devo significarvi una cosa molto grave, giunta a mia notizia. — E. così dicendo, accennava ad un sedile, sotto una dea Pomona, la quale si era pudicamente ricoperta di muschio il seno marmoreo.
Che cosa poteva contenere quella lettera?
— Anch’io sono turbato, maestro, — cominciò don Ippolito a dire, e la testa gli cadde in giù. Sollevàndola poi e presentando
/.a Madonna dì Marnò. 18