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Le tre sale, con la luce verde, precedevano il salottino di donna Bàrbera. Immote le magnolie giù nel parco si vedevano: disabitato era il luogo.
Oh, l’affannoso, tormentoso percorso!
— È permesso? — domandò Aquilino quando fu giunto in fine dei tre salotti verdi.
— Venga avanti! — Era la consueta voce. Ma come aprì l’uscio, agli occhi di Aquilino, ritto su la soglia, si discoprì donna Bàrbera.
Ella si stava, come stanca, seduta sopra un divano; perfidamente vestita. Una lama infocata penetrò nelle carni del giovine, e le pupille videro sangue.
E con voce indolente ella disse: — Bobby si è lamentato del greco. Io lo rimanderei, caro professore. Non le pare che sia da rimandare?
Ed allora soltanto sorrise; ma le pupille di lei non ridevano. Tenebrose pupille! Parlava dello studio del greco.
Ella procedeva lentamente, con quel sorriso e con quelle parole, dondolando — un fremito? — come la testa fascinatrice della serpe.
Un’oscura nube ottenebrò l’uomo.
Egli aperse la palma della mano, e la posò con rabbia su la spalla di lei, sì che la abbattè con violenza.