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che ha usato l’imprudenza di buttargli da mangiare, o gli ha fatto una carezza.

— È un poco triste, mi pare, signore! — diceva accostandosi — Che ha?

— No caro, triste; sto rosicchiando dei peeck-frean. Ne vuoi? — E gliene dava.

E così il cagnolino, invece di andar ramingo per la sua via, si accostava sempre di più.

Aquilino avrebbe parlato così volentieri di argomenti serî; e lui invece faceva bizzarri discorsi su argomenti vuoti. — Conosci come è fatta la specialità inglese dei peeck-frean? A Napoli li fanno anche e buoni, e li chiamano tarallucci.

— Sai? Sta attento, bimbo — gli disse una volta, — non ti accostare troppo a me. Io sono una spia segreta dello czar.

E Aquilino non capì, cioè il cagnolino non si smarrì.

Ma una sera dovette capire.

Una sera che c’era la banda al mare, Aquilino era in istato di ebbrezza: profumi di tuberose e gardènie; mare azzurro; e tutte quelle testoline di àngioli, bionde o brune! Il sole tramontando fra incredìbili fulgori estivi, aveva parlato a lui, il sole! alla sua anima giovane per misteriosi segni: «Tu sorgi