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così fredda che il giovane disse entro di sè: «non sono mica stato io che ti ho idiotizzato!»
Ma quando donna Bàrbera spiegò che era stato il conte Cosimo a mettere avanti quel precettore, il volto del marchese si spianò, si aprì come se vi apparisse l’azzurro dell’anima. La sua parola parlò: — Ah, sì? Caro e buon conte Cosimo!
Al nome di Cosimo così affettuosamente espresso, Aquilino dimenticò che era lì a tavola della marchesa; che c’era il cameriere in guanti; e parlò; parlò come il cuore gli dettava, come vuole affetto e natura, come avesse riaperte le vàlvole della sincerità. Ed il marchese Ippolito, appoggiato con la testa su la mano e il gomito su la tavola, ascoltava con letizia come si ode un racconto della cara giovinezza; e ogni tanto diceva: — Caro, ma sì, oh, un gentil uomo vero! Quanto tempo è che non ci vediamo! E i figli non li avete conosciuti?
— I suoi figliuoli? di chi? Ha figli il conte Cosimo? — domandò Aquilino con molta sorpresa.
— Scusate, caro giovine, in questo momento ero assente col pensiero — disse il marchese. — È una stòria....