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Vedo che raggrinza il naso come sentisse cattivo odore.
— Ma, mio buon amico, levate intanto dalla porta quel tappeto con su scritto: “prego pulire le scarpe„. Sì, è bello: scale di marmo, parquets, termosifone, ma ci manca quel non so che, quel non so che.... Scommetto che ve lo ha messo in ordine un mobiliere questo appartamento.
— Macchè “manca quel non so che!„ C’è tutto.
— Sì, ma troppa roba fresca, troppo oro, troppo stucco. L’occhio non riposa. I sopramobili, scusate, mio buon amico, sono da fiera di beneficenza. L’avete scelto voi questo appartamento?
— È mio!
— Caspita! L’avete fabbricata voi questa palazzina?
— È stata una favorevole combinazione. Era prima dei conti Tornamali, e adesso è mia proprietà.
Sbuffa.
— Cosa c’è da sbuffare, caro conte?
(Io lo chiamo così in omaggio alla contessa sua moglie: ciò a lui fa piacere e a me non fa danno).
— È che le vecchie case se ne vanno....
— E vengon su le nuove — dico io.
— E anche il giardino è vostro?