appartengo io: suo padre, prima della guerra era esportatore in America di medicinali italiani fatti in Germania. Miss N. Y. è ricca, e si sente padrona del mondo. Ha vent’anni; statura sotto la media forse; ma è potente. È la sanità fiorente. Una vivacità gaia la trasforma. Sarebbe il tipo adatto per la confezione dell’erede. La sua voce, venata di erre parigino, sembra cantare l’inno della sua giovinezza. Ci ci! canta sui rami dell’albero della vita. I suoi genitori le lasciano una libertà un po’ americana. Ci, ci! L’ho vista a una fiera di beneficenza per la Croce Rossa, dove ha fatto sborsare anche a me cento lire. Ci, ci! L’ho vista di sera ad una conferenza futurista. Capiva tutto ed era entusiasta. Ci, ci! L’ho vista, sul ghiaccio, pattinare come un geroglifico. Ci, ci! L’ho vista al volante guidare l’automobile. Ci, ci! L’ho vista ai funerali del banchiere Rodh. Lei era davanti con sua madre, io ero dietro con suo padre, e si parlava di affari. Tranne casi imprescindibili come quelli del banchiere Rodh, io evito i funerali perchè mi pare che dietro una bara tutti siano pallidi, e ciò danneggia la salute. Ma Miss N. Y., anche vestita di nero, era splendente, Ci, ci! Esuberante creatura! La vita per lei è un albero su cui lei muta ramo, cioè muta toilette, e canta il suo inno: Ci, ci!