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È la prima volta che mi avviene di adoperare gli oggetti consegnati oggi sei maggio al cavaliere Ginetto Sconer dalla signorina Oretta. Quante speranze, allora! Ma quel tempo è fuggito. Fiorì la speranza al tempo delle violette, e la speranza morì al tempo delle rose. Non pensiamoci più.
Tovagliolini non ve ne sono: ma tovaglioli molti. Ghiselda ne spiega uno di lino grosso spigato.
— Pare una tovaglia.
— No, un tovagliolo. Ne abbiamo anche noi di così fatti alla nostra villa delle Cipressine. Nostra? Credo che sia svanita la villa delle Cipressine.
Fece un gesto con la mano, e vi soffiò sopra come su una bolla di sapone. — Peccato! Ero nata là.
Ora tiriamo su le bottiglie.
La vista dell’acqua gelida nel secchio la attrae, vi immerge la mano, raccoglie l’acqua nella conca della mano e si diverte a farla cascare.
— Sa come Pindaro chiama l’acqua?
— Mi dispiace....
— E sa come la chiama S. Francesco? “Umile e casta!„
— Oh, infelice! Ma noi berremo champagne.
Stappo: il tappo salta. Pum! Lo champagne ci spruzza, ma la contessina beve.