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— La guerra — riprese Cioccolani immergendo la paletta del cucchiaino nella crema del gelato, — la guerra è sempre un’opera di purificazione.

— Sarà benissimo. Però scusi, signor Cioccolani — mi permetto di osservare, — io credo che questa sua tragedia non potrà avere oggi un gran successo. Qualche anno fa era di moda la Germania, e andava bene. Ma adesso...! Pensi che questo inverno, a Milano, è uscita appunto una satira contro la Germania, col titolo a un di presso come il suo... (Ma cosa hanno da ridermi in faccia tutti e due mentre parlo?)

— Ah! ah! ah! — fa Cioccolani.

— Ah! ah! ah! — fa la contessina.

Mi pare che ridano alle mie spalle.

Quando hanno finito di ridere, la contessina mi spiega: — Ma non è Attila che vince! Chi vince è Roma, cioè il genio latino.

— Allora siamo a posto.

— La potenza della tragedia è immensa, — mi spiega la contessina. — Lei sa che quando Attila si presentò ad Aquileja, sopra il cavallo, sotto la cui unghia non crescerà filo d’erba, la cosa era molto grave.

— Lo credo bene.

— I cristiani con qualche secolo di predica-