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Accanto alla sua magnificenza saltellava sui tacchi lucidi il poeta Cioccolani, come un cagnolino al guinzaglio. Era anche lui, come me, tutto primaverile.

È prima la contessina a fermarmi per ringraziarmi dei marrons glacés e del mio bellissimo madrigale.

— Ma si copra, la prego.

Io ero rimasto col capo rigorosamente scoperto, con molta ammirazione dei buoni provinciali, e soltanto al suo comando deposi la maggiostrina su la mia lucida capigliatura.

— Ma lor due non si conoscono? — domanda la contessina.

— Mi pare, mi pare, — fa il poeta Cioccolani.

Parlava con l’erre moscio. — Mo’ vada là che mi conosce! — dico io.

La contessina lo scusa, dicendo che lui va soggetto a distrazioni incredibili.

Bella maggia questo poeta, come dicono a Milano.

— Se lei mi permette, contessina, io devo farle un secondo madrigale: la sua presenza illumina di vibrazioni moderne queste vie da medio-evo. Il Comune le dovrebbe dare, almeno, un diploma di benemerenza.

A questo mio complimento la contessina scoppia in una serie di “Ah! ah! ah!„ così squil-