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il romanzo della guerra | 91 |
percuote di là, uno gli mozza la coda, uno gli fa sanguinare l’orecchio. Ma eccolo ancora lassù sul tetto con la coda più lunga e gli occhiacci più grifagni di prima! Vive in tutti i climi, nelle aule auliche, sui cuscini nuziali, nelle fogne, sui tetti, ma vive!
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Molti sono per la guerra: Alceste de Ambris, il sindacalista. Un uomo di fegato, in verità. Anche la anarchica Maria Rygier è per la guerra. Non so se costei andrà a combattere. Ma dopo aver fatto l’apologia dei soldati italiani indisciplinati, mi sembrano un po’ avventate queste dichiarazioni di guerra. Sì, Hervè ha sconfessato in Francia la sua propaganda antimilitarista. Ma la Francia ha l’elaterio del senso nazionale di una vivacità immortale.
Ma l’Italia è come un cane che fa: bu! bu! Si vorrebbe lanciare: un salto avanti, uno indietro: ma più che bu! bu! non può fare.
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Ivanoe Bonomi scrive che subito, ai primi d’agosto, il Governo Italiano avrebbe dovuto dire: «neutralità; ma da questo momento strappiamo il trattato di alleanza e ci riserbiamo libertà d’azione».
Era un bel gesto, bisogna convenirne. Ma occorrevano due cose almeno: possedere la nazione in pugno