Pagina:Panzini - Il romanzo della guerra, Milano, Lombardo, 1914.djvu/94

86 il romanzo della guerra

restano un po’ pensosi. Uno dice additandomi: — Non vedi lui come è vestito? (Scalzo e senza colletto).

Ma il fiaccheraio, bizzarro, viso da salapuzio, obbietta e dice: — Ma le donne tutte in ghingherli, le belle donne dei signori come si possono avere senza soldi? A noi non ci guardano nemmeno....

— Ma non avete le vostre donne?

— Nere come la madonna di Loreto, buone a fetare come i conigli, e poi puzzano di pesce. Vogliamo anche noi le donne bianche con l’odor della cipria e che non facciano tanti figli...

Scoppia una risata. Io non so che rispondere: la donna, l’eterno lievito! Il fiaccheraio esemplifica con eloquenza zoliana. Ma il macellaio, più serio, gli impone silenzio. — Sta zitto tu, brutto matto! Lascialo parlare! — E a me domanda: — E allora per chi l’andrà male?

«Per me, per noi che siamo i veri signori!» Ma in verità non so spiegarmi. Dico soltanto: — Per me...

— Già — dice il macellaio che ha capito — , lui vuol dire, o ignoranti, che io, o tedeschi o italiani, seguiterò lo stesso ad ammazzare le bestie. Ma lui è impiegato del Governo, e può darsi che perda il posto.

Ah, in verità, v’è un altro posto, un altro capitale ben più prezioso che si può perdere!